Rispettare le norme non è però così semplice. Sulle dimensione del bagaglio, tranne qualche millimetrica eccezione, ci viene in aiuto la 'regola del 115'. Metro alla mano: altezza, larghezza e lunghezza sommati non devono superare i centoquindici centimetri, rotelle e manico compresi.
Appena si inizia a parlare di peso però entriamo nel mondo dell'anarchia. Si va da un minimo di cinque chilogrammi della compagnia olandese Transavia ai diciotto permessi a chi viaggia in prima classe, da AirFrance. Passando per la British Airways che consente di portare oltre al trolley delle dimensioni indicate, anche una borsa per il laptop o una borsa da donna. In questo caso la selezione è ‘naturale’: non ci sono limiti di peso ma puoi imbarcare solo i chili riesci a sollevare. Ognuno deve infatti essere in grado di riporre da solo il proprio bagaglio nell'apposito scompartimento.
L’assenza di riferimenti precisi e validi per tutti crea confusione e l’inevitabile 'nervosismo’ nel momento in cui il passeggero si vede costretto a pagare svariati euro al chilo per riuscire ad imbarcare il proprio bagaglio. Ed è qui, in questa terra di mezzo, che inizia il vero business delle compagnie aeree. Ormai il vecchio biglietto 'all inclusive' è andato in pensione, per riproporsi oggi disaggregato in tante voci: entrate ausiliarie per le imprese, pagamenti extra per il passeggero. Ovviamente il supplemento bagagli o i pasti e le bevande venduti a bordo rientrano in questi ricavi, che in base ad un'analisi preliminare condotta dalle due aziende di consulenza IdeaWork e Amadeus nell'ultimo anno sono aumentati del 43%. Una percentuale destinata ad aumentare.
Informarsi, tenersi aggiornati e qualche piccolo ‘trucchetto’

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